il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

IL RAGAZZO DI CAMPAGNA
le location esatte parte 1
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340812 commenti | 64495 titoli | 25592 Location | 12804 Volti

Streaming: pagine dedicate

Location Zone

  • Film: Diabolik - Chi sei? (2023)
  • Luogo del film: La strada dove Elisa Coen (Martegiani) prende il taxi che la porterà da Mandan
  • Luogo reale: Via Santa Maria Fulcorina, Milano, Milano
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  • Film: Con tutto il cuore (2021)
  • Luogo del film: La pescheria dove Ottavio (Salemme) e Clelia (Autieri) comprano il pesce per la Vigilia di Natale
  • Luogo reale: Pescheria "I due pescatori", Via Antignano 25, Napoli, Napoli
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  CINEPROSPETTIVE

ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Mariano Peroni

    Mariano Peroni

  • Cristina Perrier

    Cristina Perrier

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Herrkinski
Perché un regista come Harlin si sia imbarcato in questa operazione seriale è tutto da capire; se già i precedenti due avevano poco da dire, questo nuovo capitolo pare poco più che un brutto reboot degli stessi e resta da vedere se potrà migliorare nei successivi episodi di prossima uscita. Dai due protagonisti "fighetti" con cui è impossibile solidarizzare, fino alla solita sequela di scelte sbagliate e cliché stantii dello slasher, i jump-scare, un Oregon boschivo che in realtà è la Slovacchia e pochissimo sangue, è un lavoro di una noia mortale che induce al colpo di sonno.
Commento di: Capannelle
Parte bene: tutta la premessa e la presentazione dei personaggi hanno un buon ritmo e stimolano l'interesse per questa famiglia dalle prospettive radiose; facendo comunque la tara sulla facilità con cui il personaggio interpretato da Bruschetta imposta la relazione con la nonnetta. Sono comunque lui e De Sica i più efficaci del cast. L'accumulo di punteggio viene però disperso nella parte centrale con un ritmo inferiore e battute tutto sommato prevedibili. Location troppo da cartolina e discrete le note musicali.
Commento di: Ultimo
Clint Eastwood dimostra di sapersela cavare molto bene anche nel genere sentimentale, dirigendo un ottimo film su una storia d'amore tra un fotografo e una donna sposata. Il sentimento tra i due è la vera colonna portante dell'intera trama e viene tenuto vivo dall'ottima prova di entrambi i protagonisti. A questo si aggiunga una valida regia e delle bellissime location della provincia americana. Consigliato anche a chi non sia propriamente appassionato del genere. Davvero notevole.
Commento di: Il ferrini
Capolavoro di Truffaut massacrato di quasi mezz'ora (!) nella versione italiana; per non parlare poi del titolo, abitudine in cui riusciremo perfino a superarci. Un noir elegante, che parte da un inganno sottile ma poi sprofonda in un turbinio di morti, menzogne, fughe, che porteranno un uomo ricco e rispettato a divenire un fuggiasco senzatetto; il tutto per amore. Un amore sconvolgente, totalizzante, che - come dice la stessa Deneuve - nessuno merita. Regia impeccabile, montaggio perfetto (almeno nella versione originale), i due protagonisti giganteschi, score hitchcockiano. Perla.
Commento di: Raffa007
Forse il migliore dei tre film dedicati al re del terrore, con una trama articolata e qualche buon colpo di scena: qui si vedono le origini di Diabolik, dal ritrovamento in una scialuppa di salvataggio fino alla crescita come criminale per la scoperta per la realizzazione delle maschere. Ottima la recitazione di Paolo Calabresi nella parte di King, il criminale che in qualche modo forma il carattere del nostro anti eroe. Purtroppo sul versante della recitazione c’è l’uso dei dialetti, che in una località immaginaria come Clerville…
Commento di: Capannelle
Si risolleva un po' nella seconda parte, ma arrivarci è già una specie di penitenza. La prevedibilità della trama, i dialoghi che percorrono ossessivamente tutti i cliché del genere e il fatto di rimanere confinati a poche e banali location qualifica il basso livello della produzione. Ci si mette pure l'atipico doppiaggio di Travolta, non tanto per la capacità del doppiatore ma per l'effetto straniante che si porta dietro.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Mescolando i titoli del suo libro più celebre (“Il Brodo Primordiale”) e del film che all’epoca stava uscendo (SEPARATI IN CASA), il napoletano Riccardo Pazzaglia, noto per la sua partecipazione in qualità di “filosofo” a “Quelli della notte” di Arbore ma autore di molto più...Leggi tutto di quanto non si pensi (esordì come regista cinematografico addirittura nel 1961 in uno dei primissimi film con Franco e Ciccio, L’ONORATA SOCIETA’), se ne va a Parigi e comincia da lì. Da un ristorante, per la precisione, dove non gli servono il richiesto brodo ma un “potage”, sabotandogli di fatto la presentazione del titolo.

L’episodio di “Che fai... ridi?” coglie molto dello spirito improvvisativo di Pazzaglia, della sua contagiosa simpatia (comune a tanti napoletani) che lo porta a completare uno dei tanti episodi della serie che viaggiano a metà tra la metatelevisione e il documentario. Si comincia dal “backstage”, se così vogliamo chiamarlo, del film SEPARATI IN CASA, che funge da esile filo conduttore per le scorribande parigine di Pazzaglia.

Il primo incontro è con un libraio all’ombra di Notre-Dame, al quale chiede lumi sulla diffusione dei romanzi italiani in Francia e in particolare del suo, “Il Brodo Primordiale”, propagandandolo come titolo notissimo e imperdibile. Quattro simpatici scambi in francese tradotti alla buona dal nostro secondo una tecnica che sarà costretto a usare in più occasioni. Non però con l’uomo di origini italiane al quale lungo la strada porrà un curioso interrogativo: dove si trovano a Parigi, dal momento che siamo in autunno, le foglie più morte? Come riconoscerle da quelle “meno morte”? Solo un esempio di ciò che Pazzaglia farà nella capitale francese, dirigendo qualche scena del suo film senza chiedere alcun permesso per girare e producendosi magari in un duetto improvvisato con un’attrice di strada, che “disturberà” amichevolmente divertendo gli astanti.

Il ritorno a Roma coinciderà con una ripresa dei temi legati al suo film e con una lunga parentesi nella casa dove si trovano i letti “separati”. Discuterà col direttore della fotografia, Nino Celeste, e con altri componenti della troupe prima di prodursi, nel finale, in un duetto canoro con Simona Marchini (che nel film interpreta la moglie di Pazzaglia stesso). Su un piccolo palco i due intoneranno “Voglio andare a fare il guru” giocando in modo piuttosto elementare con la religiosità indiana e l’unico scopo di riproporre quelle canzoni a “doppio senso” che nell’Italia di molti anni prima spopolavano.

Al di là di qualche siparietto brillante, tuttavia, l’insieme è slegato e dà decisamente l’idea di un episodio costruito senza una vera traccia, che lascia unicamente alla simpatia del suo protagonista l’onere di sostenere scene altrimenti faticosamente digeribili. Anche così, comunque, non si può non notare come ogni sequenza venga diluita a dismisura rendendo inefficaci le tracce di umorismo che la compone. L’impressione è che Pazzaglia prosegua senza sosta a briglia sciolta, col risultato di dare forma a qualcosa di non esattamente apprezzabile, per chi non sia strettamente un fan del protagonista…

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Didascalia d’apertura coraggiosa: “Tutti i personaggi di questa storia sono realmente esistiti – Tutti i fatti descritti sono realmente accaduti”. Nessuna invenzione quindi, nessuna “licenza cinematografica”; rispetto pieno della cronaca del 1956 dal momento in cui (era la notte tra il 26 e il 27 maggio) Franco Percoco (Vicari) uccise a Bari i genitori e il fratello Giulio. Della strage nulla si vede perché si comincia da subito dopo: Franco è sotto la doccia, a pulirsi dal sangue. Ha sistemato in qualche modo i tre cadaveri nella stanza dei genitori,...Leggi tutto che ha poi chiuso a chiave per assicurarsi che nessuno metta il naso. Il naso soprattutto, visto l’odore nauseabondo che inevitabilmente ne uscirà. Franco pensa ingenuamente di risolvere il problema spruzzando molto profumo in casa, imbevendo batuffoli che fissa alle porte…

Per quanto riguarda l’assenza dei genitori spiega a chi glielo chiede che sono andati a Montecatini due settimane per le terme. La dichiarazione scricchiola fin dall’inizio però, visto che il giorno della trasferta, in cui Franco dice di averli accompagnati, pioveva come non mai… Ma tant’è. I giochi sono fatti e adesso il nostro protagonista può spassarsela come preferisce usando i soldi tenuti in casa da papà e mamma: banconote gigantesche come a quel tempo si usava, che già dal taglio davano l’idea del loro valore.

La ricostruzione storica, supportata da una definizione altissima dell’immagine, non delude: la Bari di metà Cinquanta, per quanto fin troppo scintillante (ogni auto brilla, la conservazione dei palazzi è impeccabile), riesce a calarci in una realtà lontana che i tempi molto lenti e la colonna sonora contribuiscono a trasferire in una dimensione quasi onirica. Un po’ quella che Franco vive: lo sguardo in apparenza assente, si trascina da un ristorante di lusso a un bordello mostrando una reattività quasi nulla.

La casa libera, finalmente, permette di invitarvi la bella fidanzata (Metcalf) per non fermarsi al solito bacio, anche se i pensieri vanno con insistenza a una prostituta incontrata un anno prima al bordello, che si sostituisce idealmente nei suoi pensieri alle donne con cui va a letto. La linea scelta è quella di una regia “liquida”, che accompagnata da una fotografia algida prosegue nel descriverci un Franco Percoco di rado totalmente in sé, che pare muoversi per inerzia, che risponde meccanicamente a chi gli chiede notizie dei suoi (come la portiera del suo stabile, interpretata da Gegia) e non si preoccupa troppo dei vicini (tra i quali si riconosce Michele Mirabella) che suonano al campanello chiedendo da dove venga l’insopportabile puzzo che sentono nei loro appartamenti.

Nulla a che vedere, quindi, con le moderne storie di serial killer: ogni delitto resta rigorosamente fuori campo, ciò che si analizza sono le conseguenze nel quotidiano dell’omicida, i giorni in cui ha potuto vivere senza preoccuparsi di alcuna limitazione finanziaria. Se si accetta il passo sonnacchioso, lento, accentuato dalla ricercata monoespressività del protagonista, si possono apprezzare i morbidi movimenti delle riprese, l’occhio puntato con gusto sulla Bari d’epoca, i costumi, le canzoni (dalla “Malafemmina” di Totò all’ “Arrivederci” di Marino Barreto jr.) e una certa capacità nel raccontare il dramma vissuto da chi ha ucciso senza forse nemmeno troppo rendersi conto degli effetti delle proprie azioni. Ergastolo, ovviamente, convertito poi in 23 anni grazie alla buona condotta.

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C'è una prima scena piuttosto ambigua: due ragazze nella notte vengono aggredite da una banda di delinquenti che ne prende di mira una sola e la riempie di calci e pugni, con l'altra ad assistere impotente. Non si sa chi siano, ma le ritroviamo un anno dopo in aeroporto. Avevano una relazione; ora non più, ma sono state invitate in un paradiso caraibico da una loro amica, Lizzie (Lyle), che lì deve celebrare il proprio matrimonio. Insieme a loro anche Cam (Setsuko) e Ruth (Shakespeare-Hart), a formare con la promessa sposa un quintetto di ragazze felici di stare al...Leggi tutto mondo e più precisamente in un luogo meraviglioso tra palme, sabbia e un mare cristallino.

Danze (al tempo di "Reach" degli S Club), alcol e una notte da sogno che anticipa una giornata in cui le nostre vogliono divertirsi ancora di più. La sexy Cam (un'orientale alta e sinuosa), la più vivace e intraprendente, ha affittato una barca e con quella le cinque partono verso il mare aperto per fermarsi in un'isoletta disabitata. Le due lesbiche, Meg (Quasem) e Kayla (Mitson), vengono appositamente lasciate sole sulla riva perché possano in qualche modo riconciliarsi mentre le altre tre ripartono con la barca fermandosi non troppo distante, dove vengono in seguito raggiunte dalle due, ripresentatesi mano nella mano.

Tutto va per il meglio fino a quando Ruth, mentre è in piedi in acqua a due passi dalla riva, sente qualcosa che la tocca. Non si capisce come, quasi non s'è accorta che uno squalo le ha divorato mezza gamba lasciandola in un lago di sangue. Il panico s'impossessa del gruppo, che naturalmente subito riparte incrociando sulla via del ritorno alcune rocce affioranti, scogli contro i quali l'imbarcazione cozza rovinosamente sfasciando la chiglia. Inutili i tentativi di riparare la falla e tutte in acqua, compresa Lizzie che manco sa nuotare. E qui comincia l'avventura, quella di sempre...

Il solito survivor movie con squali che si aggirano nei pressi e che appena sentono il sangue si fanno avanti. Insomma, tutto quello che ci si aspetta da film così, che in questo caso dosano molto la presenza degli squali senza svelare troppo le carte della consueta cgi d'ordinanza. Non quindi un vero e proprio shark-movie quanto piuttosto un OPEN WATER con qualche pinna, qualche attacco e un po' di sangue in più. Perché è inutile dire che siano soprattutto i poescecani a dare un senso al tutto, unici in grado di poter aggiungere tensione a un film che altrimenti procederebbe con gli immancabili dialoghi da quattro soldi tra naufraghi impauriti, il sole che alto splende minacciando secchezza della fauci e arsura, riprese a pelo d'acqua, temporali e sventure assortite che accompagnano le nostre cinque disgraziatissime. C'è anche un riferimento alla scena del prologo, ma niente che possa rivelarsi interessante.

Si passa il tempo così, fortunatamente confortati da una buona colonna sonora, riprese di una certa professionalità che nascondono la povertà del budget e che, con qualche ideuzza sparsa qua e là, danno l'impressione (ma solo l'impressione) di un film con una certa solidità. In realtà ogni sforzo di fantasia è bandito e gli agguati degli squali ridotti all'acqua che turbina e si fa rossa, pur se in un paio di occasioni i pescioni affamati metton fuori anche il muso (in un caso ottenendo di spaventare il giusto). Il finale non depone a favore dell'originalità dell'insieme e la recitazione complessiva è appena sufficiente, con qualche punta di irritante giocosità prima e di patetica drammatizzazione poi. Fotografia smagliante che dà giusto risalto all'ambientazione da autentico paradiso del mare e spazio per un paio di scene comunque commoventi, nel loro piccolo…

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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